Descrizione:
Acitrezza è una frazione di 4949 abitanti di Aci Castello all’interno della quale è possibile ritrovare la Riviera dei Ciclopi con un susseguirsi di bellissime rocce e colline basaltiche.
Acitrezza > Più informazioni
Nacque Acitrezza come sbocco a mare della città di Aci SS Antonio e Filippo negli ultimi anni del 1600: era allora quel territorio una contrada inabitata e selvaggia dove un’isoletta ed un arcipelago di scogli, sormontato da tre faraglioni, riuscivano a dare qualche riparo alle barche.
I principi Riggio capirono che bisognava popolare quella zona e costruirono le prime case che furono affittate a marinai di zone vicine (e non) incentivati e pronti ad un’avventura dai contorni non certi.
Furono allestiti il molo, la Chiesa, le due torri per la difesa, i magazzini, il fondaco, la “potega” e nacque anche un’amministrazione locale, oltre naturalmente al parroco (anzi all’arcipresbitero) che era la vera guida del paese: ciò fu ufficializzato nel 1691.
I primi decenni di vita non furono facili ma l’avvedutezza dei Riggio, unita all’intraprendenza commerciale dei più facoltosi catenoti e dei vicini castellesi, fecero di Trezza uno degli scari più importanti della Sicilia a metà del ’700.
Luigi Riggio aveva fatto edificare dopo il 1730 altre case ed altri magazzini, rendendo inoltre splendido il suo palazzo vicino al mare, oggi praticamente scomparso così come la più grande delle torri di difesa. Aveva poi creato una strada carrozzabile che da Trezza giungeva a S. Maria della Catena e, grazie al suo ruolo di Grande di Spagna ed ai contatti che aveva un po’ dappertutto, faceva affluire nello scaro barche di ogni tipo.
Fu anche ambasciatore in Francia, e da Trezza, in particolare, partivano persino formaggi etnei per quella illustre sovrana.
Con quella Nazione in ogni caso i contatti furono frequentissimi.
Le navi francesi (così come di altre nazioni) giungevano talora direttamente nel porticciolo di Trezza ma più spesso tali contatti avvenivano a Messina.
Le merci erano portate lì via mare ed imbarcate su bastimenti più capienti.
Tuttavia non si pensi che le barche che partivano da Trezza fossero di poco conto: i loro occupanti generalmente erano più di una dozzina ed esse erano munite anche di cannoni per difendersi qualora fossero state attaccate dai soliti malintenzionati.
Riggio tentò anche di rendere il porto più sicuro bombardando il lato sud dell’isola e cercando di unirla ai Faraglioni; tutto fu però inutile perché la forza del mare abortì presto i tentativi che occuparono tutto il mese di agosto dell’anno 1748.
Con il 1800 il commercio cominciò a languire nel porto davanti ai Faraglioni; il mare restava la ragione di vita ma la pesca rendeva davvero poco e le condizioni di vita divennero sempre più precarie nel villaggio che intanto nel 1828 era entrato a far parte del Comune di Aci Castello.
Il 1900 portò, di decennio in decennio, una nuova forza trainante: il turismo. Trezza è così divenuta ricca di alberghi e di locali di intrattenimento e di ristorazione per una folla sempre più varia che affolla ora, soprattutto le notti estive, il Lungomare dei Ciclopi e le sue strade.
La pesca nel dopoguerra è divenuta una forza trainante, anche se deve dividere il mare (e il porto) con la nautica da diporto, e i grossi pescherecci uscendo al largo navigano tranquillamente per l’intero mediterraneo.
Il mercato del pesce è uno dei più importanti della Sicilia.
Le parrocchie sono due: S. Giovanni Battista, titolare dell’antica (e preziosa) chiesa che guarda il mare davanti al vecchio porto, e la Madonna della Buona Nuova, per il cui culto è stata creata la parrocchia sulla collina di Vampolieri.
Attesissima ogni anno la festa del Battista con manifestazioni folkloristiche (U pisci a mmari, in particolare) da non perdere.
La passeggiata in barca tra i Faraglioni e l’Isola Lachea nell’Area Marina Protetta è obbligatoria, ma è piacevolissima anche quella tra le viuzze alle spalle ed ai lati della Chiesa del Battista dove, nascosto tra le case, si può ammirare il Bastoncello, una delle due antiche torri di Trezza.
Secondo la leggenda l’arcipelago che si trova di fronte l’abitato di Acitrezza è il frutto della collera del ciclope Polifemo che scaglio’ degli enormi massi contro Ulisse e le sue navi dopo che era stato accecato dall’eroe greco.
La Riviera dei Ciclopi offre un interessantissimo esempio dove storia e leggenda, arte e natura si coniugano, mostrando ai visitatori, mille aspetti da cogliere e osservare con occhi disincantati.
Solo infatti uno sguardo disincantato ci fa apprezzare i colori, i suoni e gli odori di una
località veramente unica.
Qui è nata l’Etna. Il Vulcano più giovane del mondo infatti, è nato qui con le sue eruzioni sottomarine circa 500.000 – 600.000 anni fa, ed è qui con le sue colate più antiche si osservano quelle più recenti subaeree comprese tra il 122 a.c. E il 252 d.c.
Passeggiare in questo territorio, è un passeggiare in un parco archeologico.
Nel territorio di Acicastello sono presenti delle particolari vulcaniti formatesi in ambiente sottomarino fra i 500.000 ed i 600.000 anni fa, quando la zona, sommersa dal mare, corrispondeva ad un vasto golfo noto come Golfo preetneo.
Le numerose fratture sul fondale poco profondo costituirono il veicolo per delle eruzioni sottomarine, testimoniate dalla presenza delle argille dell’antico fondale tra gli interstizi della roccia.
L’argilla, a causa dell’alta temperatura della lava, ha subito una profonda trasformazione, originando la marna che ricopre parte dell’isola Lachea e della cima del Faraglione grande.
Il contatto fra l’argilla e la lava ha determinato straordinari fenomeni metasomatici il cui risultato é stato la formazione di particolari minerali, le “zeoliti”, tra le quali quello conosciuto come analcime é tipico dell’isola Lachea.
I pillows (lave a cuscino) sono blocchi lavici sferici o ellissoidali, internamente fratturati secondo una geometria radiale dovuta alla rapida contrazione che la lava ha subito a contatto con l’acqua di mare. All’esterno i pillows presentano una crosta vetrosa nera, brecciata, definita ialoclastite.
I pillows di Acicastello differiscono sostanzialmente da quelli di Acitrezza in virtù della minore resistenza meccanica di queste ultime, le quali sono state più facilmente soggette all’azione erosiva del mare, tanto che oggi offrono alla vista solo gli involucri vetrosi esterni.
I basalti colonnari: simili alle colonne della grotta di Fìngal in Scozia o a quelle del Selciato dei Giganti in Irlanda, i basalti colonnari rappresentano quanto è rimasto dì antichi condotti di alimentazione vulcanica.
Oggi sono visibili perché la zona subisce un continuo sollevamento, documentato dalle incrostazioni a coralli e vermeti presenti sui faraglioni e sull’isola Lachea anche a otto metri sul livello del mare.
In cima ai basalti colonnari di solito si sono formati i pìllows.
Gli esempi più spettacolari sì possono ammirare nel porticciolo di Acitrezza o nella parte orientale del Faraglione grande, dove le colonne prismatiche, a sezione pentagonale o esagonale, assumono un aspetto straordinario.
L’Isola Lachea
Alcuni storici riferiscono che l’isola Lachea fu occupata dai fenici che vi costruirono delle fortificazioni, altri che é stata un luogo di culto; oggi vi si trovano due abitazioni scavate nella marna, che, pare, siano state abitate nel 500 da un certo Rosiniano e nel ’647 da un certo Giovanni.
Esse, date le dimensioni, non furono, certo, costruite da un solo uomo; secondo alcuni studiosi, infatti, sono tombe costruite dai Siculi, che trovarono sull’isola una roccia che permetteva loro di scavarla secondo il sistema utilizzato a Pantalica.
Altre tombe, oggi distrutte, dovevano essere presenti sull’isola; una, di fronte al faraglione grande, nel secolo scorso, fu scoperchiata dal mare e lasciò uscire fuori degli scheletri.
La presenza di antichi uomini sull’isola è provata dal ritrovamento, nel secolo scorso, di un’ascia di diorite, risalente all’età della pietra.
Nel ’700, durante le incursioni saracene, i bizantini costruirono una fortezza sulla rupe di Acicastello e fortificarono l’isola e, più tardi, verso il 1500 vi si costruì una torretta.
Alla fine del 1600, i Principi Riggio resero abitabile il territorio di Trezza e più tardi, per difenderlo dal mare, a forza di mine, abbatterono una parte dell’isola per creare uno sbarramento fino al Faraglione grande, ma la furia del mare rese vano il tentativo.
Nel 1828, l’isola entrò a far parte del Comune di Acicastello, ma restò in mano ai Gravina, che nel 1896 la assegnarono all’Università di Catania per essere utilizzata come centro studi.
Nel 1992, l’isola e i faraglioni furono illuminati da un impianto che richiese molti mesi di lavoro, ma gli ambientalisti lottarono e tutto fu eliminato.
Un decreto del 7 dicembre 1989 ha reso la zona che circonda l’isola Lachea Riserva Marina, affidata all’Università di Catania e gestita dall’Ispettorato Centrale Difesa del mare, tramite la Capitaneria di porto di Catania, con l’intento di tutelare l’ambiente.
L’istituzione della Riserva permette la giusta difesa e conservazione delle caratteristiche della nostra isola, uniche non solo nel bacino del Mediterraneo, ma nel mondo.